La Stampa.it, Cimmino

enakapata3La Stampa.it: È un racconto di parallelismi: un diario di viaggio e lavoro, di leggerezza e contenuto. Padre e figlio, raccontano in maniera leggera e accattivante, a tratti commovente, della controversa periferia napoletana e dell’organizzazione scientifica in Giappone, di luoghi e volti della capitale nipponica appena incontrata e dei suoi paesaggi metropolitani stupefacenti, di serendipity, ramen e shinsetsu, di operai e magliari, in un alternarsi e incrociarsi di voci, sensibilità, generazioni.

Titti Cimmino: Enakapata: ma che senso ha? E’ stata la domanda che mi ritornava tra una pagina e l’altra. E’ un diario, mi rspondevo. Eppure la risposta non mi soddisfaceva. Comunque, leggo … e sempre ritorna quel “dove sta il senso” ma al tempo stesso maggiormente dalla scoperta, dalla lettura, che non il cntrario, come accade quando di solito, non si attende (abbiamo perso la capacità di aspettare?!) … non so spiegare meglio.
Il senso sono la forza  e l’emozione, il credo che metto nelle azioni (per citare Emerson) che ritorna, imperativo categorico, a plasmare la mia quotidiana ricerca del senso,  del sistema che funzioni, dell’efficacia … della qualità a 360 gradi coniugata. Ecco ciò che m’ha lasciato questo “viaggio” attraverso un tradimento, il vostro, attraverso la scoperta di due Anime, di due Persone della “mia” Terra.
Ma andiamo per ordine: dalla fine!
Come un taglio di Fontana sulla tela, così mi ha inciso lo stomaco e poi su, sino al cuore, quella frase di Luca “la certezza che all’estero le opportunità di dare un senso alla propria vita sono maggiori”. Mi sono chiesta perché … perché dovesse un giovane  tornare in patria con l’amarezza dentro e la tristezza fuori quando gli si tuffano negli occhi il quartiere, i tassisti, i soliti (ig)noti che s’avvedono all’aeroporto anche se un pò in ritardo di non trovarsi di fronte a turisti ma a conterranei. Non so perché, forse sarà l’amore sì, che mi lega alla mia terra … e il senso di appartenenza forte all’Umanità. Il senso di appartenenza, perché c’è uns enso in questa nostra terra e lo scopri quando “muori”, in senso lato, cioè quando la lasci, o quando vi ritorni come se fossi stato su Marte ed invece sei (solo) stato a Kyoto o a New York … e ti chiedi erché qui quelle opportunità manchino.
Qui, a Napoli, per gradire, mancano perché quel sensemaking in realtà non è making: forse nemmeno ce lo si chiede il senso quale sia e dove sia … noi napoletani siamo troppo presi dal “tirare a campare”, a pensare al presente “vid ‘o ciel che te mena” mentre, voi ce lo avete scritto, “in Giappone quando fanno una cosa pensano al futuro” … noi no. E lì non si sta ad attendere nell’incertezza o nella precarietà, ma ci si “organizza”, nell’accezione principale del termine. E l’organizzazione si fonda sulle regole, sulla qualità dei legami, dei “link” (ti confesso, Vincenzo, che ho sorriso quando per la prima volta hai mutuato questo termine informatico per descrivere un “legame” umano … ma mò che ci penso preferisco il tuo link a questa mia pessima espressione :-)).
Rispetto, il “peso del rispetto”. Quel rispetto che da noi viene a mancare a meno che tu non appartenga al “Sistema”.
Sistema è invece ben altro dall’accezione che qui attribuiamo al termine (Gomorra docet, mi si perdoni il riferimento a vicende poco edificanti ma quanto mai reali e vicinissime).
Eppure ci sono da noi menti eccelse, e ce ne sono state di Persone che la nostra terra ha partorito, ma le menti da sole non bastano. Convengo, cari Vincenzo e Luca, “la priorità va assegnata all’ambiente, alle relazioni con i colleghi, alla qualità della struttura”.
Titti il senso? Dove sta il senso di questo diario? E ritorna la domanda.
A tratti un déjà vu: Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Anche lì un viaggio, anché lì il padre e il figlio, anche lì una trama da superficie, un diario “appunto”.
Ma “le parole sono pellicola su acqua profonda” diceva Wittegenstein, e qui a profondità sta nel senso: per serendipity l’ho scovato. Sentirsi parte di un’unica struttura … ma sentirsene responsabili. Ne rispetto e nella ricerca costante tesa al bene comune. Una sola parola mi viene come allegoria, “sakura“: ecco come descrivo tutti e ciascuno di noi, da soli, mente illuminata o no, non si è nulla. In un sistema complesso ma organizzato nel rispetto e nella competizione sana puntando alla ricerca con l’efficacia a fare da scudo. E allora è na kapata ravvedersi che occorerebbe pensare l’occasione: quel kairòs, quel momento opportuno in cui intraprendere un’azione, quel momento opportuno che hai colto tu Vincenzo quando hai inviato il tuo primo link chiosando … “se son rose fioriranno”, quel momento in cui hai scelto, con Luca complice, di “partorire” a quattro mani quest’avventura di parole. “Fare le cose con le parole”, appunto, oltre che f”arle per bene perché è cosi che si fa”.
Il senso Titti? … Eccolo ancora … E lo esprimo con il meglio che la lingua delle origini ci  abbia lasciato: la “metis“, il fiuto che hai avuto. Nello scoprire cioé i fattori portanti: organizzazione, efficacia relazioni.
E qui cnclud capovolgendo un punto di vista (a una matematica napoletana – viva – come me si puà perdonare?): ma ci pensate al Dna senza il contributo del “trascrittoma” Rna? Dovremmo imparare dall’ambiente che ci nutre, che ci ha trasformati da embrioni in Uomini.
Domani a pranzo preparerò per la prima vlta il ramen … la ricetta l’ho scovata in calce ad un diario … E’naKapata!!!

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