Borrelli, Rotella, Malafronte, Ferrante, Lorusso

enakapata3Marika Borrelli: L’ho letto in tre ore, l’altro ieri sera tra un po’ di Barcellona-Chelsea e il letto.
Ne ho fatto indigestione. Infatti, ho sognato il Riken, il ramen, il bar delle “ragazze”, tutto assieme, preoccupandomi se poi la Fender di Luca sia mai arrivata a destinazione.
Mentre leggevo – conoscendo già il contenuto del libro perché il prof. Moretti ne distribuisce camei su FB ogni tanto – mi è venuto in mente un documentario visto su Discovery Channel: True Tokio, o una cosa così. E ho cominciato a fare automaticamente paragoni tra il diario di Moretti&son e la descrizione (agrodolce) del tipo che a Tokio ci lavorava e viveva già da un po’.
Lo dico perché Enakapata – come il documentario – è soprattutto la proiezione di vite su un luogo diverso da quello quotidiano. Ed è la diversità del luogo che cambia la ricostruzione di un ricordo e lo ricompone. Vincenzo ci racconta della sua famiglia e Luca ci racconta del padre, stimolato dagli eventi che in quei desueti luoghi accadono.
Un diario a due voci, svelto, appetibile (molti riferimenti gastronomici, siamo italiani! Ed a Tokio si può anche mangiare male), dettagliato come per sistematizzare due esistenze per un mesetto sradicate da quell’humus vischioso e bellissimo che è Napoli, nonostante tutto. Con la meticolosità di Moretti father alle prese con un sistema cognitivo (quello dei nipponici) inverso: vedi il metodo di contare sulle dita, per esempio!
E con il rammarico di fondo dell’impossibilità per noi Italiani di avere una ricerca universitaria degna. Ci prova, Vincenzo, a descrivere il Riken, tempio pressoché perfetto per scienziati e ricercatori, evidenziando il coraggio dei nostri compatrioti a trasferirsi agli antipodi, lui con il rimpianto della pastiera.
Ma cosa mai potrebbero pensare i giapponesi di noi, se leggessero questo libro che li descrive e descrive due napoletani alle prese con Tokio? Sembra l’analisi di Las Meninas che ne fece Focault: un gioco di rimandi iconici il cui differenziale era il prodotto di una proiezione, appunto.

Mauro Rotella on Tesionline.it

Assunta Malafronte: Da qualche giorno ho terminato la lettura del vostro libro. Avvincente. La cosa che mi è piaciuta di più è l’aver alternato la “pancia” (le storie di vita) alla “testa” (la ricerca), rendendo la lettura scorrevole ed interessante. Non ho mai visitato il Giappone e prima di leggere il libro nemmeno ci avevo mai pensato. Però, prima di partire, farò un bel corso di inglese e  appena arrivata andrò a mangiare dalle ragazze!

Tommaso Ferrante: Na capata … ò sasiccio… le prime 40 pagine so state peggio di una palillata in fronte. Le ho lette almeno 3 volte per comprenderei qualcosa :-). Sembra il libro per l’esame di teoria dell’informazione e telecomunicazione. Ti farò sapere alla fine. Un abbraccio.

Rosa Lorusso: Sono pienamente d’accordo con l’idea che non si può prendere senza lasciare, né chiedere senza dare, ma aggiungerei che non si può dare se non si è a propria volta ricevuto.
Prescindendo dai nostri valori e orientamenti possiamo arricchire la nostra vita e la vita altrui, convinti che più si condivide più ci si arricchisce.
L’aggettivo che a mio parere meglio racchiude quest’opera è coinvolgente. Chi possiede la speciale abilità di renderti partecipe nella relazione del sapere riesce a farti entrare in un interessante vortice comunicativo che incoraggia la voglia di contribuire alla costruzione di questo meraviglioso e mai terminato edificio della cultura.
Mi sono sentita particolarmente coinvolta in questo viaggio; a volte mi sembrava di essere lì con i protagonisti di quest’avventura.

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