Mi connetto e apprendo

Forse non sempre abbiamo voglia di prenderne atto, ma la società dei bit, delle nuove tecnologie, del web, della conoscenza, è una società insicura, liquida, sotto assedio: ogni cosa sembra sciogliersi nell’aria.

Le strutture tradizionali tendono a perdere consistenza, diventa più scarsa la partecipazione.
Le persone hanno difficoltà ad avere rapporti umani stabili ed obiettivi di lungo termine.
Il potere si presenta come comando senza autorità.
Chi lavora si trova a fare i conti con la necessità di ridefinire il proprio sistema di valori e di credenze, con parole e fatti come flessibilità e precarietà.
La grande mole di informazioni, il loro veloce propagarsi, la difficoltà a seguirne gli sviluppi e l’autenticità fanno sì che spesso non ci sia selezione nell’accesso alla notizia.
La quantità di tecnologia disponibile continua ad essere più importante dell’uso che di essa effettivamente si fa.

È in questa società che bisogna dare un senso alla necessità di imparare per tutto l’arco della vita. Di sapere e di saper fare.

Come?
Forse si può cominciare col prendere atto che oggi come in nessuna altra fase della storia dell’umanità conoscenza e socialità sono strettamente correlate.
E poi magari provare a considerare, come suggerisce ad esempio George Siemens, lo sviluppo della capacità di connettersi come l’obiettivo chiave dei processi di apprendimento.
Non solo perché chiedersi quale sia il significato di qualcosa equivale a chiedersi come essa sia connessa con le altre. Perché al tempo dei bit l’importanza di essere connessi si è ulteriormente dilatata. Ma perché con internet è maturata una nuova modalità di apprendere, quella che caratterizza il processo di costruzione della conoscenza nell’era digitale.
Naturalmente, prendere sul serio il futuro di questa specifica modalità di apprendimento vuol dire prendere sul serio la necessità di tornare a pensare. A fare teoria.
Non tanto perché, come amava affermare con provocatoria genialità Albert Einstein, se i fatti e la teoria non concordano, bisogna cambiare i fatti, ma perché il mondo là fuori continua a cambiare a un ritmo vertiginoso e conviene accorgersene, anche dal versante dell’apprendimento, il più presto possibile.

Sriveteci. E fateci sapere cosa ne pensate.

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