Questioni di identità

Delusione e sfiducia sono i sentimenti predominanti, i soli capaci di accomunare donne e uomini di più generazioni. Si fa sempre più incombente il rischio di finire soffocati dall’impasto paludoso di competitività globale e disintegrazione sociale con il quale si è costretti quotidianamente a fare i conti. Mentre il caos, l’anomia, la violenza, spingono a dubitare degli ordinamenti e delle leggi, a mettere in discussione la saggezza dei padri, a rifuggire le responsabilità, a cercare rifugio nell’autorità e nei poteri forti.

A rendere ancora più intricata la faccenda ci sono poi le questioni di identità, quelle che investono le modalità con le quali ci si riconosce stabilmente nel tempo con altri.
Si tratta dell’insicurezza per certi versi più insidiosa e difficile da combattere, quella che è dentro ciascuna persona, che determina una condizione diffusa di sfiducia tormentosa, che ha a che fare con la percezione di se stessi nel mondo, con l’idea di cosa è importante e cosa invece non lo è.

I processi di modernizzazione, con particolare incidenza durante le fasi di transizione, scompaginano orizzonti, credenze, modi di vedere e interpretare il mondo; l’equazione «niente dura dunque niente ha valore» produce effetti devastanti sulla fiducia nel futuro, sulla voglia di partecipazione, sulle personalità.

A essere messe in crisi, fino al limite della rottura, sono le identità conquistate, costruite, alle quali ci si è abituati.
Modelli relazionali sempre più volatili, evanescenti, difficili da mantenere a fronte della solidità, a tratti persino della rigidità, della fase precedente sono in modi diversi il prodotto di tali processi, così come l’iperattivismo spesso inconcludente che accompagna le vite di un numero sempre più consistente di persone e la flessibilità delle reti sociali, che richiede una costante e non banale capacità di riconfigurare il proprio ruolo.

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