Tra la via Riken e l’Europa

Quello che qui di seguito potete leggere è il paragrafo finale di un lungo articolo apparso sul n.3 del 2008 di Quaderni di Rassegna Sindacale dal titolo Tra la va RIken e l’Europa. Lavoro scientifico, organizzazione della ricerca, cultura del merito, valorizzazione del talento

Si potrebbe concludere il nostro racconto con la definizione di un possibile, provvisorio elenco di priorità che sottolinei la necessità di:
investire di più e meglio nella ricerca, definire le risorse e l’attività ordinaria, pianificare il reclutamento, migliorare la capacità di collaborazione e di networking a livello internazionale, attivare processi di collaborazione competizione;
fare dell’Italia un paese attraente per chi fa ricerca, adottare scelte e definire strategie che puntino ad attrarre l’interesse degli investitori, favorire l’interazione di menti preparate in ambienti socio cognitivi serendipitosi;
attivare call internazionali allo scopo di portare l’esperienza, il know how, le capabilities degli scienziati più bravi nel nostro paese e di metterle al servizio dei nostri giovani ricercatori, realizzare politiche finalizzate allo scambio di giovani ricercatori, attirare i migliori giovani ricercatori di ogni parte del mondo, quelli che vanno dove ci sono opportunità vere, realtà estremamente qualificate e organizzate, educatori in grado di aiutarli a crescere, a diventare autonomi;
selezionare i luoghi e le strutture alle quali concretamente affidare la mission di innescare questi circuiti virtuosi, ampliare le opportunità per le istituzioni e le organizzazioni, università e imprese in primo luogo, che intendono dedicarsi all’innovazione.
Ci piace invece concludere ritornando a Calvino, al suo elogio della leggerezza, alla sua visione della scienza  per chiederci se non sia proprio la società leggera la risposta alla società liquida, il polimorfismo vivace e mobile l’alternativa al conformismo opaco e bituminoso, la forza dei valori, delle idee, delle connessioni l’antidoto alle paludi dell’anomia, dell’incertezza, dell’insicurezza.
L’idea è che in Italia sia possibile creare le condizioni, se si sceglie di connettere la bellezza, l’intelligenza, la creatività, lo spirito di iniziativa, la capacità di innovazione, il talento, che c’è, con una diversa cultura e modalità di organizzazione e di gestione dell’università e della ricerca scientifica, per sviluppare ambienti socio cognitivi serendipitosi, per attivare processi virtuosi «per genio e per caso» e determinare, in un arco credibile di tempo di 10-15 anni, un nuovo rinascimento. Naturalmente, anche solo la possibilità che ci siano tanti Serendipity Lab nel nostro futuro è strettamente correlata alla volontà delle istituzioni, delle università, delle parti sociali, di interpretarne la necessità, di accompagnarne la crescita favorendo la propensione a (ri)definire identità, attivare e dare senso agli ambienti nei quali chi fa ricerca opera, a incentivare la voglia di fare rete. L’idea, in definitiva, è che una società che sa dare valore al futuro, al lavoro, al rispetto, al merito è in grado, perciò, di dare più senso, profondità e credibilità a tale prospettiva.

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