L’ape e l’uomo: così lontani, così vicini

“L’importante è non restare abbarbicati alle proprie ipotesi, guardare a ciò che accade fuori, fare caso al messaggio nascosto”. È Piero Carninci, coordinatore scientifico del FANTOM International Consortium, il primo ospite di questa rubrica che racconterà di uomini, idee, innovazioni che hanno a che fare con la serendipity, definita da Merton come l’osservazione di un dato “imprevisto, anomalo, strategico”, che permette di sviluppare una nuova teoria o ampliarne una già esistente.
La cosa interessante è che in ambienti ricchi di interazioni socio – cognitive è più probabile che il caso favorisca nuove scoperte, come dimostra il lavoro del team internazionale di scienziati guidato da George M. Weinstock e Gene E. Robinson che ha recentemente sequenziato il genoma dell’ape.
A Carninci, che ha contribuito a identificare dove sono i geni, abbiamo chiesto di spiegarci l’importanza di tale ricerca: “L’ape ha un comportamento sociale veramente unico per complessità, nonostante abbia solo una milionesima parte dei neuroni presenti nel cervello umano. E poi è il maggiore impollinatore esistente e ha un forte impatto economico sull’agricoltura mondiale”.
Dopo gli umani, la medusa siphonophores e le formiche, gli esseri con più abilità sociale pare siano proprio le api.
“Si tratta di un fenomeno unico negli insetti ma comune nei vertebrati. Sembra che la trascrizione degli RNA dell’ape sia regolata da modifiche del DNA (aggiunta di un gruppo metile alla citosina, quando questa è seguita da una guanina), caratteristica questa di animali molto più “evoluti”. Tutto questo potrà aiutarci a capire i geni del comportamento sociale nell’uomo”.
Sequenziare il genoma dell’ape era dunque una priorità.
“È di più. È un lascito alle generazioni future, non solo per gli studi applicati, ma anche per la ricerca pura, dato che studiare gli insetti è importantissimo per capire i meccanismi molecolari dello sviluppo embriologico”.
Buona serendipity.

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