Ikujro Nonaka e Hirotaka Takeuchi

Per Ikujro Nonaka e Hirotaka Takeuchi ogni organizzazione è strutturata in molteplici comunità di interazione che incarnano altrettanti nodi di elaborazione del sapere: sono le persone che con la loro capacità di apprendere e adattarsi creano conoscenza e dunque le organizzazioni hanno tutto l’interesse a massimizzare i benefici derivanti da tali processi creando contesti e percorsi di sviluppo della creatività e della conoscenza dei singoli.

La conoscenza può essere esplicita o tacita.
La prima è razionale-mentale, sequenziale, digitale-teorica, si riferisce a tutto ciò che è manifestabile attraverso sistemi formali di comunicazione, presenta struttura e contenuti logici e linguistici, è trasmessa per mezzo di libri, manuali, corsi.
La seconda è corporea, legata all’esperienza, simultanea, analogica-pratica, prodotta da intuizioni, nozioni personali, esperienza, cultura e valori morali, trasmessa attraverso metafore, analogie, esempi pratici, e può essere tecnica (se si riferisce alla manualità, alle abilità pratiche, alle arti) o cognitiva (se si riferisce all’elaborazione, a modelli, schemi, paradigmi mentali, prospettive che ciascuno crea).

Nonaka e Takeuchi assegnano a cinque parole chiave la definizione della loro idea di sviluppo della conoscenza:

1) intenzionalità: gli obiettivi del processo devono essere definiti e condivisi da chi vi partecipa anche se talvolta una dose di indeterminatezza può contribuire allo sviluppo di nuove idee;

2) autonomia: le conoscenze emergono soltanto se chi lavora lo fa in piena autonomia, è capace di cogliere le opportunità che il processo offre e le sa gestire;

3) ridondanza: più le informazioni disponibili sono sovrabbondanti più ampie sono le possibilità di gestire in maniera positiva le spinte all’innovazione generate dal processo;

4) caos: la definizione di schemi mentali e processi organizzativi più rispondenti ai bisogni dell’organizzazione richiede caos creativo, spesso generato da situazioni di crisi;

5) varietà: l’apporto di conoscenze diverse è decisivo per rispondere in maniera efficace ai dilemmi organizzativi.

Con una sintesi efficace delle due visioni al tempo prevalenti[1] Nonaka e Takeuchi definiscono il proprio modello organizzativo middle-bottom-up e affidano al management intermedio una funzione fondamentale di cerniera tra la conoscenza esplicita e strategica del top management e la conoscenza tacita che caratterizza gli operai di linea: è ai capi intermedi che tocca gestire il processo di trasformazione della conoscenza, tenere assieme strategia e innovazione.

Si crea conoscenza, si sviluppa know how e apprendimento nella misura in cui si riesce da un lato a risolvere problemi specifici sulla base del contesto di riferimento e dall’altro e conseguentemente a modificare tale contesto.

L’organizzazione che apprende deve essere in grado di operare continue conversioni di conoscenza (da esplicita a implicita e viceversa, attraverso un processo di interiorizzazione-esteriorizzazione) e di creare campi di interazione nell’ambito dei quali sia possibile condividere conoscenza e modelli mentali, socializzare, creare nuova conoscenza: è la spirale senza fine che è alla base dell’innovazione, il motore che spinge verso la creazione di ulteriore conoscenza.

Il processo di creazione e di trasformazione della conoscenza non è automatico; richiede leadership riconosciute, obiettivi ben definiti, forti motivazioni allo scambio; muove dalle persone, coinvolge il gruppo e l’organizzazione, diventa conoscenza (capacità dei dipendenti, sistemi tecnologici, sistemi manageriali, valori, norme) e dunque occasione di vantaggio competitivo; fa sì che ciascuna organizzazione rappresenti un nodo della rete di produzione e scambio di conoscenza, servizi e beni con altre organizzazioni sulla base di un processo che è allo stesso tempo conservativo (dell’identità) e adattivo, capace cioè di facilitare l’evoluzione delle competenze distintive e ridefinire costantemente il proprio rapporto con l’ambiente.


[1] Secondo la visione top-down, le informazioni sono elaborate dal vertice e fluiscono attraverso direttive ai livelli di volta in volta successivi fino alle linee di produzione che restituiscono informazioni e riavviano il processo; secondo invece la visione bottom-up, chi dirige tenta di valorizzare il più possibile le capacità di chi lavora, le conoscenze sono più spesso di tipo tacito, le risorse della base sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi.

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