Karl Wiig

A Karl Wiig si deve l’enunciazione dei principi del knowledge management (KM), l’idea che nell’ambito dei processi organizzativi occorra: domandarsi «perché» prima ancora di «come»; conoscere facendo ma anche insegnando ad altri; privilegiare l’azione piuttosto che concetti e piani formalmente ineccepibili; considerare l’errore una componente ineliminabile dell’azione; liberarsi della paura perché impedisce di convertire la conoscenza in azione; conoscere il contesto, capire come sostenere i propri progetti, convertire tale conoscenza in azione.

Muovendo dalla consapevolezza che avere a disposizione delle conoscenze non significa automaticamente saperle usare, Wiig teorizza la possibilità di sviluppare il ciclo della conoscenza all’interno di una comunità di pratica o d’apprendimento tramite strumenti e tecnologie dell’informazione.

L’idea in questo caso è quella di rendere espliciti e mettere in comune dati (grezzi), informazione (dati selezionati e organizzati per essere comunicati), conoscenza (informazione rielaborata e applicata alla pratica), saggezza (conoscenza mutuata dall’intuizione e dall’esperienza) che ogni componente ha maturato nel corso del suo percorso professionale per migliorare l’efficienza dei gruppi collaborativi.

La prima generazione del KM si riferisce alla mera gestione dell’informazione, tende a ridurlo alla sua componente strumentale, l’information technology, si caratterizza soprattutto per lo sviluppo dei mezzi per rendere veloce e semplice l’archiviazione, la descrizione e la comunicazione di dati e informazioni.

La seconda fase, quella della condivisione della conoscenza, si focalizza invece sulle modalità attraverso le quali le conoscenze professionali di ogni specifico componente dell’organizzazione possono essere messe al servizio di tutta la struttura e per questa via il KM acquista il carattere di vera e propria filosofia della collaborazione e della condivisione della conoscenza negli ambienti di lavoro.

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