Apprendimento organizzativo

Vedi anche
ARGIRYS – GESTIONE DELLA CONOSCENZA AZIENDALE – KNOWLEDGE MANAGEMENT – SCHÖN

Concetti e parole chiave
Cambiamento – Conoscenza – Identità – Informazione

Spiegazione
La fondazione sociologica del concetto di APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO colloca il sapere entro un network di potere e relazioni sociali mediate da artefatti e da intermediari umani e non umani che ne facilitano o ne ostacolano la circolazione.
Più specificatamente, attraverso tale concetto ci si riferisce all’insieme dei processi che consentono di leggere i contesti organizzativi, le relazioni tra persone, organizzazioni e società, e i loro significati, dal punto di vista della conoscenza. Essendo la conoscenza diretta verso un fine, non si riferisce solo alle credenze e al coinvolgimento, ma anche all’azione, e consente perciò di valutare criticamente successi e insuccessi di una data organizzazione, di ridefinirne costantemente azioni ordinarie e indirizzi strategici, di accogliere e valorizzare punti di vista ulteriori rispetto a quelli prevalenti, di sperimentare innovazioni tecniche e organizzative, di collocare gli eventi all’interno di un contesto mentale e dare dunque loro un senso, di sostenere le persone nei loro potenzialmente mai finiti tentativi di crescita culturale e professionale. Il processo decisionale dell’organizzazione viene per questa via modellato su quello individuale mentre l’azione é orientata verso l’obiettivo e tende all’adattamento (quello a breve termine corrisponde alla risoluzione di problemi, quello a lungo termine all’apprendimento).
A partire da questa iniziale formulazione e in linea con gli orientamenti cognitivisti si sviluppa un filone di studi, denominato teoria cognitiva dell’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO, che situa l’apprendimento in primo luogo nella mente degli individui.
Accanto a una formulazione che ricade principalmente entro una epistemologia positivista compare dunque in anni più recenti una declinazione del concetto in termini di apprendimento sociale, veicolato dalla formulazione di apprendimento come partecipazione competente ad una comunità di pratiche (ancora una volta la declinazione simoniana di cognizione come chiave per studiare gli aspetti razionali e non-razionali della condotta sociale mostra di avere la flessibilità per accentuare di volta in volta gli uni o gli altri.

Ad ARGIRYS e SCHÖN (1974; 1978) si deve la definizione dell’organizzazione come costrutto cognitivo che attraverso l’individuazione e la correzione di errori e anomalie modifica la memoria e la propria mappa concettuale.
Le idee guida fondamentali intorno alle quali essi sviluppano le proprie tesi possono essere così sintetizzate:
1. le organizzazioni sono in grado di apprendere in quanto strutture e per questa via modificano i propri modi di essere e di operare;
2. in un’organizzazione che apprende tutti i componenti contribuiscono a ridefinire, arricchire, tradurre in linguaggio comune le diverse abilità;
3. a differenza di quanto avviene in contesti di apprendimento individuale, nei quali l’individuazione e la correzione dell’errore rimane esperienza del singolo, l’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO incide e determina conseguenze, più o meno positive a seconda delle scelte operate, sull’intera struttura;
4. l’individuazione e la correzione di errori che non mettono in discussione gli aspetti chiave della mappa cognitiva usata nell’organizzazione mette in moto un processo di apprendimento a giro singolo (single-loop learning), mentre la scoperta e la correzione di errori che producono un mutamento di tale mappa determinano un processo di apprendimento a giro doppio (double-loop learning).
Decisamente importante è anche il contributo teorico di Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi, secondo i quali ciascuna organizzazione è strutturata in comunità di interazione che incarnano altrettanti nodi di elaborazione del sapere.
Con una sintesi estremamente lucida delle due visioni fino ad allora prevalenti (secondo la prima, di tipo top – down, le informazioni sono elaborate dal vertice e fluiscono attraverso direttive ai livelli di volta in volta successivi fino alle linee di produzione che restituiscono informazioni e riavviano il processo; per la seconda, di tipo bottom – up, chi dirige tenta di valorizzare il più possibile le capacità di chi lavora, le conoscenze sono più spesso di tipo tacito, le risorse della base sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi) i due studiosi giapponesi strutturano il loro modello attorno all’idea che sono gli individui, e non le organizzazioni, che con la loro capacità di apprendere, adattarsi, creano conoscenza. Per massimizzare i benefici derivanti da tali processi le organizzazioni hanno tutto l’interesse a favorire contesti e processi di sviluppo della creatività e della conoscenza dei singoli.
Il modello organizzativo proposto da Nonaka e Takeuchi è non a caso definito middle-bottom-up e affida al middle management una funzione fondamentale di cerniera tra conoscenza esplicita e strategica del top management e conoscenza tacita caratteristica degli operai di linea: è ai capi intermedi che essi assegnano il compito di gestire il processo di trasformazione della conoscenza, di tenere assieme strategia e innovazione.
Per Nonaka e Takeuchi la conoscenza può essere infatti esplicita o tacita.
La prima (razionale – mentale, sequenziale, digitale – teorica) si riferisce a tutto ciò che è manifestabile attraverso sistemi formali di comunicazione, presenti struttura e contenuti logici e linguistici, è trasmessa per mezzo di libri, manuali, corsi. La seconda (corporea, legata all’esperienza, simultanea, analogica – pratica) è invece il prodotto di intuizioni, nozioni personali, esperienza, cultura e valori morali, viene trasmessa attraverso metafore, analogie, esempi pratici, può essere tecnica (quando si riferisce alla manualità, alle abilità pratiche, alle arti) o cognitiva (quando si riferisce all’elaborazione, a modelli, schemi, paradigmi mentali, alle prospettive che ciascuno crea).
Dato questo contesto, per Nonaka e Takeuchi si crea conoscenza, si sviluppa know how e apprendimento nella misura in cui si riesce da un lato a risolvere problemi specifici sulla base del contesto di riferimento e dall’altro e conseguentemente si riesce a modificarlo. L’organizzazione che apprende deve perciò essere in grado di operare continue conversioni di conoscenza (da esplicita a implicita e viceversa) perché per questa via è possibile creare campi di interazione nell’ambito dei quali si può condividere conoscenza e modelli mentali, socializzare, creare nuova conoscenza.
Per fare un esempio, attraverso metafore e analogie si può creare, sulla base di un processo di conversione che è definito di esteriorizzazione, conoscenza esplicita che genera prodotti, servizi, innovazione, si combina con ulteriore conoscenza esplicita, produce nuova esperienza e dunque nuova conoscenza implicita (in questo caso il processo viene definto di interiorizzazione). È la spirale senza fine che è alla base dell’innovazione contenuta nei nuovi prodotti, della spinta verso la creazione di ulteriore conoscenza.
Naturalmente non si tratta di un processo automatico. Perché esso si avvii c’è bisogno di consistenti motivazioni allo scambio di conoscenza, di leadership ben definite, di obiettivi chiari.
Più specificatamente Nonaka e Takeuchi individuano cinque parole chiave attorno alle quali articolano la loro idea di sviluppo della conoscenza:
1. intenzionalità: gli obiettivi del processo devono essere definiti e condivisi da tutti i partecipanti anche se talvolta una dose di indeterminatezza favorisce lo sviluppo di nuove idee;
2. autonomia: le conoscenze emergono soltanto se chi lavora lo fa in piena autonomia, è capace di cogliere le opportunità che essa offre e la sa gestire;
3. ridondanza: più le informazioni disponibili sono sovrabbondanti più ampie sono le possibilità di gestire positivamente le spinte all’innovazione generate dal processo;
4. caos: la definizione di schemi mentali e processi organizzativi alternativi e più rispondenti ai bisogni richiede “caos creativo” (che nasce spesso da situazioni di crisi);
5. varietà: l’apporto di conoscenze diverse (marketing, tecniche, amministrative, ecc.) è decisivo per individuare risposte efficaci ai dilemmi organizzativi.
In definitiva, il processo di trasformazione e di apprendimento muove dalla persone, coinvolge il gruppo e l’organizzazione, diventa conoscenza (capacità dei dipendenti, sistemi tecnologici, sistemi manageriali, valori, norme) e dunque occasione di vantaggio competitivo, fa sì che ciascuna organizzazione rappresenti un nodo della rete di produzione e scambio di conoscenza, servizi e beni con altre organizzazioni sulla base di un processo che è allo stesso tempo conservativo (dell’identità) e adattivo, cioé capace di di facilitare l’evoluzione delle competenze distintive e ridefinire costantemente il proprio rapporto con l’ambiente.

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