Bella Napoli, bei napoletani

Dichiaro due conflitti di interesse e una minaccia. E’ meglio dichiararlo subito, bisognerà pure distinguersi da omini e omuncoli che popolano il Belpaese.
Uno. Stefano Iucci, l’autore dell’articolo che potete leggere qualche riga più sotto, è mio amico.
Due. E’ anche il vice presidente della Ediesse, che come sapete è la casa editrice del mio cuore.
Una. l’articolo glielo ho praticamente estorto, lui mi aveva chiesto 8 mila battute per un articolo sul lavoro da pubblicare sul numero speciale di Rassegna in uscita per il Primo Maggio, io dopo aver cercato di dirgli di no (è un periodo che non capisco niente tanto sono le cose che sono in cantiere) ho ceduto in cambio di 2 mila battute su Bella Napoli. Adesso poi le conto, che non sono certo che siano proprio 2 mila, ma comunque le ha scritte, e secondo me sono belle.
Dichiarato quello che dovevo dichiarare posso dire che sono straordinariamente grato a Stefano che mi ha costretto a scrivere questo articolo che si intitola Elogio dell’uomo artigiano e mi piace anche un sacco (non dite che non sta a me dirlo perché non ho detto che è bello ma soltanto che a me piace)? Posso aggiungere che mi sarei pentito amaramente di non non aver accettato la sua proposta per manifesto ottundimento della ragione derivante da overstress? Che  considero davvero un onore il fatto di essere uno degli autori del numero speciale del Primo Maggio della rivista della mia cara Cgil? Io l’ho detto, se ci riuscite provate voi a cancellarlo. Non prima però di aver letto il commento di Stefano a Bella Napoli.
Buona lettura.

Bella Napoli, bei napoletani
di Stefano Iucci

Che Napoli sia bella credo che nessuno dotato di senno potrebbe negarlo.
Napoli è bella non solo per il Golfo, i vicoli e i musei. Napoli è bella per tanta gente comune – tanti giovani anche – che a fari spenti si prende la briga di condurre una vita onesta e umanamente produttiva in una città in cui farlo non è sempre così semplice e che, anzi, una certa retorica stantia ma mai completamente esaurita definisce bella proprio in quanto maledetta, impossibile, feroce eccetera eccetera.
Francesco, Emma, Angelo, Giovanna (cito i primi nomi che compaiono nell’indice) sono solo una parte di questo esercito di volonterosi che coltiva la dignità del proprio lavoro, l’umiltà strenue e mai sottomessa di svolgere con dignità il compito che il destino, le circostanze e il talento (generalmente tutti e tre ben mescolati) hanno assegnato loro.
E la raccontano, questa loro vita, a Vincenzo Moretti che nel suo Bella Napoli, Storie di lavoro, di passione e di rispetto (Ediesse 2011) fa un po’ come i rabdomanti: cerca, esplora e alla fine trova (perché i veri ricercatori trovano sempre…), proponendo una “retorica” (intesa nell’accezione classica) di segno opposto. Quella dell’artigiano, di chi fa le “cose perbene perché è così che si deve fare”, come scrive lo stesso autore.
Sembra poco ma è tutto. Non supereroi, dunque, ma artigiani: un’indicazione precisa per i giovani e la loro voglia di giocarsi a carte scoperte il proprio futuro.

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