Ieri ho toccato Adriano. Oggi Deborah

enakapata3Allora, prima che cominciate a malignare, è bene precisare che la “toccata” in questione è un modo per dire che ieri ho incontrato per la la prima volta “vivo live” Adriano Parracciani e oggi Deborah Capasso de Angelis. Ho stretto loro la mano, li ho guardati negli occhi, ho sentito le loro voci (per la verità con Adriano ci eravamo già parlati via Skype, ma comunque non è proprio del tutto la stessa cosa), abbiamo preso un caffé, abbiamo gesticolato, ci siamo detti che ci rivedremo. Sperando che abbiate finito di malignare, prima che cominciate a preoccuparvi pensando che io voglia riprendere la discussione sull’amicizia al tempo dei social network, rilassatevi, perché lo farò, ma la prossima settimana e su Nòva Review.
Perché allora vi sto raccontando tutto questo? Perché la “toccata” ha una versione secondiglianese, della Secondigliano dei miei 13-14 anni (il primo che dice che anno era lo fucilo). Avevamo la testa nel futuro (Kerouac, Ginsberg, Dylan, Genesis), i piedi nel presente (pregiudizi, maschilismo, omofobia e compagnia cantando) e una voglia senza fine di prenderci in giro, di sfotterci, di divertirci con quello che avevamo, cioé poco o nulla. E tra il poco o nulla c’era anche la “toccata”.
Di cosa si trattava? Presto detto. Di un tocco furtivo tra le natiche, meglio se eri piegato per prendere qualcosa che era stato fatto artatamente cadere per terra. Se al momento del tocco sobbalzavi, ti scansavi, saltellavi voleva dire che tenevi la “toccata”, nel senso che non eri un maschio a denominazione di origine controllata, avevi tendenze omosessuali.
Dite che è impossibile non sobbalzare se all’improvviso qualcuno ti mette una mano lì? Diciamo quasi, nel senso che era possibile se capivi il gioco per tempo e facevi finta di non essertene accorto.
Dite che non capite dove sta il divertimento? Mi dispiace, ma non ci posso fare niente. Vi assicuro però che quando si trovava il “soggetto” adatto ci si poteva passare in allegria una serata intera.  Un poco più triste è il fatto che noi ci siamo fatti grandi e ce ne siamo andati. E troppi di quelli rimasti hanno cominciato, per scelta per necessità e per caso, a giocare con le pistole.

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