La terrazza

enakapata3Le foto della terrazza della mia amica Anna Masera non ci sono più. O, per meglio dire, le foto con Francesco, Luca, Alessia, Giorgio, Cinzia, me e Anna sulla terrazza di Anna non ci sono più. Forse per la vendetta di un tabaccaio. Di certo senza nessuna conseguenza.
La serata è stata bellissima. Di più. Leggera. Ancora di più. Supercalifragilistiserendipitosa. Di quelle che nascono così, per genio e per caso. Di quelle che le vivi così e ne hai un piacere strepitoso.
Non ci credete? Allora state a sentire.
Sulla terrazza di Anna venerdì sera non ci saremmo arrivati senza Giorgio Fontana. Che fino a quella sera Anna la conosceva di nome, ma non di fatto. Li ho presentati io qualche ora prima. Io che Giorgio fino a quella sera lo conoscevo di nome ma non di fatto.
Dite che non è possibile? E che comunque detto così non ci si capisce nulla?
Allora ricomincio da Giorgio. Che è uno dei miei 523 amici sul pianeta Facebook. Che un giorno mi scrive e mi chiede se sono disponibile a presentare Enakapata a Torino. Che mette in moto la macchina che porta me, Luca, Cinzia e Francesco alle Librerie.Coop di Torino venerdì 5 aprile.
Con Anna invece siamo amici sul pianeta Terra da quasi 20 anni. Per un po’ di anni ho anche collaborato con la Stampa.it, il quotidiano online che lei dirige con eccellenti risultati (naturalmente è la “mia” opinione, ma ci tengo a sottolineare che è l’opinione del lettore e non dell’amico). Eppure sono quasi 10 anni che non la vedo (Anna). Sarà questa la volta buona? Pare di si. Anna c’è. Assieme a Giorgio. Al mio amico Sergio Negri, dirigente della Cgil piemontese. E ad Alessia Cerantola, govane studiosa e profonda conoscitrice della lingua, della letturatura e della società giapponese.
Alla presentazione non siamo in tanti. Ma questo già lo sapete. Quello che ancora non sapete è che si discute di lavoro. Di ricerca. Di raccolta della “monnezza”. Di cucina. Di serendipity. Di responsabilità. Di educazione civica. Visti dall’Italia e dal Giappone. Che la discussione a chi c’era è piaciuta molto. Che tra oggi e domani chi ha tempo e voglia potrà scaricarla su queste stesse pagine.
Tra i saluti e due dediche (due di numero, non due per modo di dire ☺) chiedo ad Anna di restare a cena con noi. Dice di sì. Di più. Dice di andare tutti a cena da lei. I magnifici sette. Sulla magnifica terrazza che affaccia sul Po. Mi ricordano abbastanza perspicace già da bambino. Ma alla mia età ci metto davvero poco a capire quando mi fanno una proposta che non si può rifiutare. Aperitivo al bar preferito da Cesare Pavese. Approccio fast da parte di Anna e di Luca, i nostri inviati al supermercato e poi a casa che se vuoi mangiare qualcuno deve pure cucinare. Slow quello del resto della Kapata Session, con fermata intermedia per comprare il gelato (come ogni napoletano che si rispetti, considero disdicevole presentarmi a casa di un amico/a a mani vuote; le sfogliatelle avrebbero fatto un altro effetto, ma anche  il gelato non era male) e passeggiata lungo Po. Poi finalmente a casa. Si, avete letto bene. Non ho scritto a casa di Anna anche se eravamo a casa di Anna. È che io mi sono davvero sentito come a casa mia. E di ciò sono davvero grato alla mia mitica amica.
Considero la cura dell’amicizia una delle caratteristiche più belle del nostro essere “umani”. Di più. Lo so. Ancora di più. Ne ho fatto una scelta di vita. Eppure è sempre bello. Bello come rivedere una persona cara dopo più di 10 anni e sentirti come a casa tua. Bello come condividere uno sguardo o una confidenza. Bello come una serata supercalifragilistiserendipitosa. Bello come la voglia di ritornare ancora.

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