Little big man

Lui si chiama Domenico Rosso. E’ di Buonabitacolo, estrema provincia salernitana. E’ stato il primo studente che si è laureato con me, 5 anni fa, con una tesi su Adriano Olivetti che gli valse 8 punti e una mia appassionata arringa per spiegare ai comprensivi colleghi perché chiedevo un punto in più di quello che era il massimo convenuto. E’ stato anche il primo mio studente di cui sono diventato amico. Il primo che mi ha presentato i genitori e il prete amico del cuore. Il primo che mi ha chiesto consiglio su che fare dopo la laurea. Il primo al quale ho detto “Domé, tuo padre è contadino e Buonabitacolo è in culo al mondo, tu se rimani qua con la tua laurea in scienze della comunicazione hai un futuro assicurato, quello di disoccupato”. Il primo che mi è stato a sentire. Il primo che ha trovato lavoro, a Madrid, dove si occupa di comunicazione e formazione per Greenpeace. Quando torna in Italia facciamo il possibile per vederci, ogni tanto mi manda una foto o un filmato nell’esercizio delle sue funzioni di tutore dell’ordine ambientale, stamane l’ho incrociato su Facebook e gli ho scritto “Domé, hai ancora intenzione di sposarti?, non farlo, stammi a sentire, è una fesseria”,  con lui che mi ha risposto con un yayayaya, che immagino sia una risata, accompagnato da un “Professò, tu duorme, già fatto, mi sono già sposato”, seguito da un link dove ho trovato la foto che vedete in alto.
Lo so che c’ho la commozione facile, ma a momenti mi commuovo davvero. “Domé, qui bisogna parlare serio, passiamo su Skype”. Un paio di tentativi andati a vuoto e poi ci siamo. Mi sono fatto raccontare tutto, del matrimonio civile a Madrid, del matrimonio ufficiale a Rio de Janeiro, (sì, non ve l’ho detto, ma la Rosa che ha sposato Domenico è una brasiliana), della festa italiana che si terrà l’11 agosto a Buonabitacolo. Mi sono fatto mandare tutto l’album di foto in formato pdf, gli ho quasi promesso che l’11 andiamo anche io e Cinzia (ma adesso sono ancora sotto l’effetto dell’emozione, quando mi passa non so cosa accade), mi ha raccontato del commento affettuoso, complice, felice della madre quando si è collegato via Skype da Rio de Janeiro a Buonabitacolo (giuro, succede anche questo): “Domenico, da te mi sarei aspettato tutto, ma che ti sposavi una brasiliana proprio no, sei riuscito a sorprendere anche me”. Poi ci siamo salutati, anzi no. Mi sono ricordato che lui un commento su Enakapata ancora non me lo aveva mandato. “Professò, io ti ho scritto qualche riga ma tu sul blog hai tante cose così belle che volevo pensare a qualcosa di particolare, di originale”. “Domé, più originale di te non ci sta niente al mondo, dunque mandami le righe che hai scritto altrimenti alla prima occasione che ti vedo ti ceco un occhio”.
Con le buone maniere si ottiene tutto, come potete leggere qua sotto. Prima vi posso dire però che, senza offesa per nessuno, almeno per oggi e domani il commento di questo piccolo grande uomo chiamato Domenico è il più bello che io potessi desiderare? L’ho detto. Buona lettura.

Ho letto il libro diversi mesi fa e ho regalato una copia a un amico spagnolo. A lui ho detto che Enakapata svela un tipo di napoletano poco conosciuto all’estero. Per me questo libro ha confermato quello che penso dei partenopei. Il napoletano è lavoratore, sa aprirsi e confrontarsi. Il napoletano è sognatore, grida negli stadi, è scaramantico, è brontolone ma canta all’amore. Divide il suo cibo con te, la sua cultura, i suoi sorrisi e i suoi viaggi.
Grazie per il libro. Aspetto il prossimo
“.

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