Piccole Storie Crescono S3-1


INCIPIT
No, non è un attacco di napoletanità.

2. Deborah Capasso de Angelis
E’ solo che quando incontri persone così il tuo cervello si aziona in dialetto! Non ci sono parole in italiano per definirle, devi per forza usare un vocabolario ricco di termini “sfiziosi” come il napoletano. Guardate che alcuni termini racchiudono in un solo suono tutta una costellazione di significati che è impossibile tradurre in un’altra lingua.
Si, ci vuole proprio una parola di quelle…..

3. Carmela Talamo
Di quelle tipo “tien a capa pe spartere  ‘e recchie” oppure “staje fore comme a n’antenna” oppure “tu nun si scemo tu si proprie scemo” e ancora “ma chisto addò è asciuto“, “ma tu si proprio nu quequero” ed altre cose del genere “nicchinnella” e penso che se ci fosse zia Tittillona (Carmela all’anagrafe, ma chi se ne ricorda più) saje quante ce ne cunsignasse.

4. Adriano Parracciani
Ufff…ecco che ci ricasco. Meno male che ci pensa Massimo Troisi a tirarmi fuori da questa attacco di magone. “Ancora co sta storia che Napoli nun a da cagna, ancora con il sole, a pizza, il mandolino”. Si, mi sovviene la scena quando Massimo parla con Funnuculi Funniculà che prima gli fa il test di napoletanità, “cantame a palomma” e poi lo uccide perchè non lo passa. No! non è un attacco di napoletanità.

5. Daniele Riva
È proprio quell’essenza che la città ti lascia addosso, il suo dialetto, il suo mare, l’odore che si respira… Sono lontano migliaia di chilometri e mi sorprendo a canticchiare “Napule e’ nu sole amaro… Napule e’ addore ‘e mare…” Come si chiamano? Radici. Inutile negarlo. SOno napoletano fino al midollo e no, non è un attacco di napoletanità. È napoletanità.

6. Santina Verta
“Vedi Napoli e poi muori” me lo disse il nonno della signora Rosa, di Maiori che abitava nel mio vicoletto calabro.Napoli, la prima città vista, ero affascinata da tutto, che ricordo elettrico–  marò, quanto mi è piaciuta sta città!  Era ,ohi la memoria… era fine terza media, aspetta che conto; estate ’64.
Un insieme di flasch nitidi e offuscati dall’eccitazione di una prima uscita da casa, ospite da estranei… timidissima… un solo vestito fatto fare per l’occasione  . 3 giorni  di curiosità  e quel timore del detto dell’accoglienza… non capivo la morte abbinata alla bellezza, mi impensieriva.
Sarei tornata a Napoli nel ’74, pretendendo di studiare e fare anche la mamma ..ma la precarietà economica, sempre quella dannata, mi bloccò al quinto esame di lettere moderne…ma intanto avevo avuto l’impatto  escludente con Milano, ma ora  è  Napoli e la sua bellezza che si impenna!

Due giorni ospite da Amica,per caso parente- ‘coppa o Vomero- mi permettevano di passare gli esami in università e poi gironzolare per scoprire parti della città—  riecheggiano le parole di mia madre” Statt’accorta a Napule rubbano”ma io ho sempre avuto coraggio! Ma , quella volta, invertii numero di tram e finii a san Martino…poi al Cardarelli e ripensandoci , mi vien da ridere, non osavo entrare in un bar e telefonare all’amica Annalisa,ne tantomeno entrare per un caffè, le parole della mamma… ma   le ore passavano, così la fatidica telefonata.._ Annalì mi signu persa” e lei invece di spiegarmi…chiamò tutta la famiglia e ridevano  e ridevano..—Io nu ci puzzu penzà.. ero già sotto casa loro!
Altra cosuccia di cui ridiamo quando ci ritroviamo  è stata la sorpresa  di vedere scritto vicino  il suo palazzo..”.Parco Aldebaran” io vedevo un solo Albero recintato e dissi..Ma Annalì a Napuli  chiamate parco un albero!— e lei -dai moviti… u parco so i case!-

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