Primo Maggio 2010

Fino a qualche minuto fa questo post l’avrei intitolato “una storia sbagliata”.
Oggi, Primo maggio 2010, ho lavorato quasi tutta la giornata, ho litigato con un pò di persone a cui voglio molto bene, mi è tornato il mal di pancia di cui davvero non sentivo la mancanza, la Roma ha vinto a Parma.
Ma come vi ho raccontato altre volte sono un tipo molto fortunato e così mi sono venuti in mente Sottolineato, i libri, le citazioni e ho cominciato a pensare  a cosa scrivere.
Ho cominciato con un vecchio detto che sentivo spesso da don Pasquale, mi è sembrato un buon modo per ricordare papà, don Pasquale, e per prendermi in giro, così l’ho scritto, eccolo:
‘A carne fa carne, ‘o vvino fa sang, e ‘a fatica fa jettà ‘o sang.
Poi ho continuato con due citazioni dall’Uomo artigiano di Sennett.
Questa:
Il bravo maestro impartisce spiegazioni soddisfacenti; il grande maestro (quale era Hanna Arendt) turba, trasmette inquietudine, invita a obiezioni.
E questa:
Dunque, secondo Hannah Arendt, noi esseri umani viviamo in due dimensioni. Nell’una, fabbrichiamo cose; in questa condizione siamo amorali, immersi nel compito da eseguire. Ma alberghiamo in noi anche un’altra modalità di vita, più elevata, nella quale cessiamo di produrre e cominciamo a discutere a a giudicare, tutti assieme. Laddove l’animal laborans si fissa sulla domanda: “Come?”, l’homo faber chiede:”Perché?”.
Poi mi sono detto che le due citazioni potevano essere di quelle da discutere su Enakapata. Poi ho cambiata idea. Poi la mitica Lucia Rosas ha scritto una nota, l’ha intitolata Sennett, ha scritto “rubata e … dubbio: chi vive tra reale e web?”.
Dunque eccomi qua. La pancia mi fa male ancora. Ma il titolo del post è Primo Maggio 2010. Grazie a Adriano Parraciani e al suo Sottolineato, grazie a tutti quelli che ci scrivono, grazie a Lucia Rosas, grazie a tutti quelli che decideranno anche questa volta di interagire e a tutti quelli che invece no. La chiamano social networking, a me certe volte mi fa risparmiare i soldi per lo psicologo. Adesso vi lascio. Ho ancora due cose da finire.

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